Festival Riforme Culturali – Calabria

Articolo di Angelica Artemisia Pedatella

 

GIUGNO CHIUDE IL TEMPO DELLA MEMORIA NELLA CALABRIA OCCITANA

Il “Festival delle Riforme Culturali” incarna ancora i valori dei valdesi di Calabria e la loro forza

Si chiude con il mese di giugno il tempo della memoria nella Calabria occitana. Il “Festival delle Riforme Culturali” che ha aperto il mese il 3, 4, 5 giugno ha visto ancora una volta il bellissimo paese di Guardia Piemontese, sede della comunità occitana di Calabria che porta memoria storica della grande strage dei Valdesi che ha segnato per sempre un pezzo di storia di questa regione. Tra l’incanto del mar Tirreno e il pesante massiccio alpino che si affaccia su di esso, circondato da boschi misteriosi ancora abitati da antichissime forme di anfibi, la realtà di Guardia Piemontese si è risvegliata alla propria memoria grazie all’opera indefessa di Fiorenzo Tundis e di Gabriella Sconosciuto. Riannodando relazioni con le comunità piemontesi e con la Francia, hanno ricostituito un tessuto che il tempo e il trauma avevano sfilacciato, dando vita ad una realtà che è un successo anno per anno: il FESTIVAL DELLE RIFORME CULTURALI. 

Ricchissimo di iniziative culturali e artistiche di grande rilievo, il festival ha in poco tempo guadagnato stima e riconoscimento internazionali, grazie ai contenuti, alle attività e alla continua valorizzazione che durante tutto l’anno accompagna e precede questo grande appuntamento.

Gabriella Sconosciuto, direttrice del Festival, dall’energia e dalle risorse inesauribili, racconta l’avventura del festival e la centralità che esso ha nel panorama regionale e internazionale della Calabria e della Calabria “valdese/occitana”, intervistata dalla madrina del festival, Angelica Artemisia Pedatella, che ha abbracciato il tema della valorizzazione delle minoranze storico-linguistiche di Calabria come poetica del suo fare fin da suo ritorno in questa terra tre anni e mezzo fa. E Guardia Piemontese è stato uno dei primi, fulminanti incontri.

Come nasce l’avventura del Festival delle Riforme Culturali?

Il Progetto nasce da un’idea maturata a dicembre 2016 a Teramo, durante il Convegno Internazionale sulla valutazione delle Politiche Linguistiche.  Dalla Calabria siamo partiti io con mia figlia che non aveva ancora un anno, Beatrice Grill allora Presidente del “Centro Culturale Gian Luigi Pascale” e Fiorenzo Tundis, con l’idea di realizzare qualcosa di importante per Guardia.

Ne parlammo con il Prof. Giovanni Agresti, sociolinguista specialista della rivitalizzazione delle lingue meno diffuse e di francofonia che si occupa di studiare le relazioni tra gli individui, le comunità, le lingue e le memorie dei territori. Docente di Scienze del linguaggio all’Université Bordeaux Montaigne e di Linguistica francese all’Università di Napoli “Federico II”, è attualmente Direttore regionale dell’Agence Universitaire de la Francophonie (AUF) per la regione Africa del Nord. Da quella volontà e da quella chiacchierata è nata questa avventura!

Qual è il lavoro che nel tempo ha fatto il “Centro culturale Gian Luigi Pascale”?

Il lavoro che il Centro ha fatto e continua a fare è quello di creare reti. Edizione dopo edizione il Centro ha costruito rapporti con grandi personalità del mondo accademico e politico proiettando Guardia Piemontese e la sua storia al centro di un dibattito sociale e culturale, sempre molto attuale. L’obiettivo era quello di far divenire il Festival luogo di incontro, confronto e anche fusione, tra diverse generazioni, culture, religioni e interessi di varia natura. Nelle sue più grandi ambizioni, una fucina di idee e attività, partendo da quelle che la storia ha tentato di cancellare con la violenza. Stimolo per attività che possano abbracciare qualsiasi settore, che possano essere occasione di aggregazione, conservazione, conoscenza e sperimentazione.

Con quali criteri avete pensato di mettere su il tema di questo festival?

Quest’anno abbiamo avuto un ulteriore spunto, assai profondo e storico, nel trovare il tema del Festival perché nel 2024 ricorre l’anniversario degli 850 anni della nascita del movimento valdese che sosteneva la necessità del rinnovamento spirituale del cristianesimo e che nel XVI secolo diventò chiesa evangelica valdese. Fondato da Valdo di Lione nel 1174, il movimento proponeva il ritorno ai valori del Vangelo e venne scomunicato dalla Chiesa cattolica. Sopravvissuto per secoli alle persecuzioni oggi si batte per i diritti dei migranti e di tutte le religioni, promuove il dialogo ecumenico e la fraternità universale. L’anniversario è stato un’occasione per una riflessione sul proprio passato storico ma anche sul proprio impegno nel presente. Inoltre Nell’ottocentesimo anniversario della fondazione dell’Università degli Studi di Napoli «Federico II» abbiamo ricordato la «crociata» pacifica del sovrano eponimo, stupor mundi, che si concluse con il Trattato di Giaffa (1229), siglato con il Sultano al-Malik al-Kamil. Trattato che garantì un pur breve periodo di pace e convivenza tra cristiani e musulmani in Terra Santa. Più ampiamente, abbiamo cercato nel passato esempi virtuosi di sintesi culturali cui guardare con rinnovata attenzione. La 6ª edizione del Festival delle Riforme culturali non poteva voltare le spalle alla tragica attualità di conflitti che si svolgono, in particolare, alle porte dell’Europa e del Mediterraneo orientale. Dall’isola occitana di Calabria, luogo di memoria del massacro dei valdesi nel XVI secolo, e luogo di resistenza linguistico-culturale, abbiamo voluto trasmettere un messaggio di fiducia nelle capacità umane di perseguire non solo l’autodistruzione ma la fraternità universale.

Quali sono i cardini di questa iniziativa?

Ogni anno nella nostra brochure illustrativa desideriamo riportare i nostri cardini.  Ci teniamo a sottolineare che il Festival delle Riforme Culturali (CFR) intende porsi come riferimento nazionale e, sempre più, internazionale per tutte quelle persone, giovani e meno giovani, che si riconoscono nell’istanza di produrre o incoraggiare cambiamenti culturali edificanti nella società contemporanea. Non si tratta di una rassegna incentrata su eventi spettacolari o di grande richiamo mediatico. Il CFR privilegerà l’incontro autentico, di qualità, tra persone motivate; il confronto, il dialogo e l’approfondimento di temi di grande rilevanza e urgenza, che il Festival, di edizione in edizione, si sforzerà di collegare intimamente tra loro: il diritto alla diversità, la democrazia culturale, lo sviluppo sostenibile; la tolleranza religiosa, la tutela dell’ambiente e la valorizzazione del paesaggio; l’educazione alla cittadinanza, la libertà di pensiero e di parola, l’altermondialismo, la coesione e l’integrazione sociale; il ruolo della memoria, le forme e la natura dell’identità, i legami intergenerazionali, il valore delle lingue di prossimità o minoritarie.

Oltre che possedere un’alta valenza simbolica, quanto mai coerente con lo spirito del CFR, lo scenario del Festival è un luogo di eccezionale bellezza paesaggistica e di straordinaria ricchezza culturale: Guardia Piemontese, isola occitana in Calabria, è una comunità di origine valdese (XIV secolo), teatro di una repressione religiosa particolarmente violenta all’epoca della Controriforma e scrigno che conserva sorprendenti sopravvivenze linguistiche e naturalistiche.

Quali prospettive avete per la valorizzazione della storia dei valdesi e, più in generale, per la valorizzazione del mondo occitano?

Per quanto riguarda la valorizzazione della storia dei valdesi di Guardia Piemontese, sono fermamente convinta che la storia così particolare di questo luogo meriti di essere approfondita e raccontata, ben al di là della narrazione dell’eccidio. Si tratta infatti di un’interessante migrazione al contrario, da nord a sud, e offre l’opportunità di analizzare le forme di integrazione o meno di una minoranza fra altre etnie e le modalità con cui si è integrata ma allo stesso tempo ha conservato alcuni caratteri propri. Ritengo anche che sia importantissimo il lavoro di riappropriazione e di rielaborazione soprattutto da parte dei guardioli, di una memoria storica travagliata, da vivere non con disagio per quanto è accaduto in passato ma come un’opportunità di riflessione perché hanno ereditato una storia che li obbliga a fare i conti con il passato e non tutti hanno questo “privilegio”. La lingua più celebrata durante il Festival è l’occitano di Guardia Piemontese. È attorno a questa varietà linguistica, presente in Calabria da quasi sette secoli e sopravvissuta all’eradicamento del valdismo, simbolo della resistenza, della resilienza e dell’irriducibilità umane, che vengono strutturati numerosi eventi e attività pensati per pubblici diversi: conferenze; visite guidate al centro storico di Guardia Piemontese e al Museo Valdese; incontri, animazioni culturali: musica, letture, mostre; spettacoli teatrali e musicali; ateliers linguistici.

Quanto sono importanti le relazioni con l’estero e quali sono quelle che ad oggi siete riusciti ad attivare?

Le relazioni con l’estero sono fondamentali per noi. Stiamo lavorando da più anni in sinergia, per la realizzazione del festival, con la FrancophoNéA, rete costituita dalle sei università pubbliche della regione Nuova-Aquitania (la più estesa di Francia) e operante da alcuni anni intorno a cinque assi di ricerca (trasferimenti, digitale, sviluppo sostenibile, cultura e creazione, educazione e plurilinguismo… in ambito “francofono”). Tante le università straniere che partecipano al festival tra le più attive l’Université Bordeaux Montaigne e quella di Liverpool. Diversi gli ospiti provenienti dall’Africa. Per la prossima edizione stiamo già lavorando a creare un partenariato con l’Agence Universitaire de la Francophonie (AUF) per la regione Africa del Nord (Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia) di cui fanno parte circa 130 università. Una bella prospettiva!

Qual è stato l’impatto del Festival sul paese di Guardia Piemontese?

Il Festival, grazie alla presenza di importanti personaggi del mondo accademico, giornalisti, scrittori, storici, letterati, artisti permette attraverso tali persone di portare il nostro paese in contesti internazionali. Di essere citati in manifestazioni e convegni internazionali e di attirare visitatori da tutto il mondo. Sono in quest’ultimo anno abbiamo avuto oltre 8.000 visitatori al Museo valdese.

Perché ricordare la storia dei valdesi di Calabria è un valore aggiunto?

Più che valore “aggiunto” io direi valore “dominante”, perché quella dei valdesi non è solo la storia dei valdesi di Calabria, ma è la storia di tutta l’Europa che nella vicenda di Guardia Piemontese trova una sintesi drammatica e straordinaria: la storia di un momento in cui si era grandi e poi si è piombati nelle atrocità. Dobbiamo ricordare gli eventi accaduti in passato affinché non si ripetano di nuovo. La storia dei valdesi di Calabria è un insegnamento eterno. Il popolo guardiolo ha saputo rendersi protagonista del rinascimento europeo ieri e sa guadagnarsi oggi la fiducia ed il rispetto dei tanti occhi che, resi partecipi e facendo propria la nostra storia, ne diventano concittadini. Ci tengo con orgoglio a sottolineare che il Festival è possibile grazie al sostegno dei fondi otto per mille della Chiesa Valdese che riconoscono alla comunità guardiola non solo un ruolo nella conservazione della memoria di un tragico passato, ma anche un’occasione di riscatto nel presente.

Non c’è una ragione specifica per cui si dovrebbe visitare Guardia Piemontese o partecipare ad una delle edizioni del Festival. Ce ne sono moltissime. C’è un dibattito storico-culturale-psicologico di rara intensità. C’è un panorama mozzafiato che non ha eguali. C’è l’energia intelligente di poche persone che sanno cambiare tutto e possono dare una lezione a molti altri centri culturali. C’è la dimensione del passato che abbraccia il futuro, la capacità di attirare eccellenza e di scoprire talenti. C’è la volontà di regalare emozioni che hanno però lo spessore dell’etica e della conoscenza disinteressata. Un “fare” che sa di quella strategica “buona volontà” in grado di cambiare le sorti dei popoli. Arrivare a Guardia Piemontese e ascoltare la storia della Porta del Sangue, sfogliare l’album dei ricordi nel laboratorio tessile che mostra la nascita del museo, la raccolta dei reperti, la paziente ricostruzione di una memoria che era stata quasi cancellata, la musica di una lingua, l’occitano, che rende ancora più preziosa questa terra di Calabria… Tutte queste ragioni e forse molte altre ancora che vanno vissute più che raccontate fanno della realtà di Guardia Piemontese, del suo Festival e delle sue persone un luogo centrale da cui ripartire per un vero rilancio del dialogo culturale, ecumenico, umano. Tutto questo, ancora, è la straordinaria magia della Calabria!

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