Piero Alessandrini – Architetto del Futuro

Articolo di Angelica Artemisia Pedatella

«L’architetto è un muratore che ha studiato il latino», inizia con questa filosofia dell’umiltà la storia di uno dei più grandi architetti della storia italiana: Piero Alessandrini, il ragazzo romano che fece innamorare del suo estro il grande architetto del XX secolo, padre del minimalismo, Pier Luigi Nervi. Era il 1953 quando Alessandrini si laureò a pieni voti in Architettura all’università di Roma/ Valle Giulia. Eppure il suo destino avrebbe dovuto essere quello di diventare medico. L’arte possiede il compito enorme di guidare le anime verso se stesse attraverso uno degli elementi dell’umano più misteriosi e inconoscibili, che nessuna scienza esatta è ancora riuscita a decifrare: la passione. La storia di Piero Alessandrini è la storia di una grande passione. Suo padre era amministratore di beni immobili di personaggi importanti anche della nobiltà romana, che vedendo il genio del ragazzo assicurarono che avrebbe avuto il loro appoggio nell’intraprendere una brillante carriera nell’ambito medico. La famiglia medioborghese da cui proveniva Piero Alessandrini non avrebbe potuto sperare niente di meglio per il proprio terzogenito: la prospettiva del futuro era rosea. Tuttavia, il desiderio segreto del giovane diplomato al liceo classico si palesava ben diverso dalla prospettiva di tutti gli altri.  Fin dalla fine della fanciullezza le magnifiche geometrie del disegno architettonico continuano ad inseguirlo. Sogna l’architettura, ma non ha il coraggio di dirlo a suo padre. La sua anima di artista deve ancora trovare spazio nel carattere personale. Così si iscrive a medicina, apparentemente la sua è la vita ideale di un ottimo studente, un promettente professionista che in un’Italia che si rialza dopo le macerie del secondo conflitto mondiale può dare molto. È forse quell’Italia così provata che lo spinge a sospirare, in silenzio, ponti, costruzioni, palazzi, strade… Il dialogo con il padre è tuttavia fuori discussione: Piero ha forte il senso della famiglia e sa qual è il suo dovere: anche da questo punto di vista rappresenta un modello di intelligenza e servizio. Eppure dentro la passione continua a pungolarlo, mostrando che il buon senso si trova a metà strada tra dovere e piacere e che le strade della creatività umana superano ogni modello sociale prestabilito. Nella sua dimensione conoscitiva dell’umano, anche la medicina si pone come arte medica, uno strumento che indaga a volte le strutture invisibili che muovono la vita. 

Ci sono opere destinate a consumarsi nell’arco breve di una performance, e a lasciare di sé leggenda, e opere destinate a creare la leggenda con la loro permanenza: questo determina le colonne d’ercole dell’arte che Piero Alessandrini ha attraversato. Trascorrono due anni, Piero supera brillantemente tutti gli esami universitari; è cresciuto, ha compreso che non si può tacere oltre e, soprattutto, la fatica e lo sforzo di seguire un piano non voluto gli hanno insegnato una nuova disciplina: la perseveranza. È arrivato il momento di utilizzarla per una giusta causa: diventare ciò che è. Così, raccolto tutto il coraggio di cui può disporre, decide di parlare a suo padre: «Ti ho dimostrato la mia serietà – gli dice, risoluto, – ho superato tutti gli esami con buoni voti. Ma ora è venuto il momento di cambiare». Quel giovane uomo sta dimostrando una volontà assoluta, una visione chiara di sé, quella che lo avrebbe portato lontano. È impossibile ostacolare questo talento, stavolta Piero ottiene il permesso ed inizia per lui la scalata. La Facoltà di Architettura è un salto nel vuoto: prima di tutto la matematica è asse portante della materia e, provenendo dal liceo classico, sa di dover duplicare gli sforzi su questa materia. Tuttavia Piero è consapevole di poter contare sul proprio talento di disegno e progettazione. I libri sono un bene di lusso e le dispense non esistono in quella prima Italia repubblicana ma in piena ricostruzione. È il 1947 e Piero supera ostacoli di ogni genere. La sua famiglia lo sostiene per quel che può, ma il resto deve farlo da sé. Dotato di una memoria importante ed una capacità di reggere l’attenzione per lungo tempo, Piero trasforma l’esperienza universitaria ancora una volta in una crescita umana che proietterà in futuro in tutte le sue progettazioni. Le lunghe camminate per raggiungere la sede universitaria, in mancanza di mezzi economici in grado di sollevarlo dalla fatica del viaggio a piedi, torneranno nelle sue visioni delle abitazioni per le classi meno abbienti. Sei anni di studio furioso per diventare l’architetto dell’élite finanziaria e politica mondiale. Sotto la guida dell’architetto di fama internazionale Pier Luigi Nervi, il minimalismo e la coincidenza tra forma e sostanza diventano gli elementi cardine che fanno dello stile di Alessandrini uno status symbol. Pur avendo trascorso il suo tempo mantenendo il ritmo del silenzio, senza cercare i riflettori ad ogni costo, la sua opera è luminosa, tra i suoi clienti, c’è stato il petroliere arabo Adnan Kassoghy, Susanna Agnelli, l’ambasciatore italiano a Riad Mario Maiolini, il sultano del Brunei, il Cardinale Virgilio Noè, presidente della Fabbrica di S. Pietro, i conti Spalletti Trivelli, il Gruppo Caltagirone. Le attenzioni per il suo inconfondibile stile sono arrivate in passato anche dalla Regina d’Inghilterra Elisabetta II, che volle incontrarlo personalmente. Il mondo della finanza e della politica ha usufruito del suo genio, ma Piero Alessandrini non ha fatto neanche di questo un motivo di vanto. Il suo progetto era il futuro, semplicemente. Così arrivò a progettare un eco grattacielo, costruito con materiali compatibili con l’ambiente e ricco di giardini pensili, una contemporanea Babilonia nel più straordinario splendore. L’ideazione dell’housing sociale e la costruzione di miniappartamenti a basso costo per le classi meno abbienti e per i giovani porta a compimento quella concezione di mondo che durante la sua lunga vita ha sviluppato. Superati gli ottanta anni, oggi Alessandrini continua a disegnare, progetta, visita i numerosi cantieri, sogna il futuro. La sua firma è una traccia nella pietra, ama l’arte, colleziona, osserva il crescere delle opere e crede che siano solo quelle a dover parlare. Il suo silenzio continua, la sua architettura interpreta la vita; il basso profilo è il suo segno distintivo, perché la passione che bruciava dentro da ragazzo non ha mai smesso di accendergli idee e queste sono più forti di qualunque tappeto rosso su cui esibirsi, perché brillano più in alto. Trasparenza e immaterialità per lasciare campo all’idea pura. Questo è il buon gusto, l’eleganza estrema di una mente che nel silenzio ha costruito un nuovo concetto di raffinatezza. L’evento che pochi giorni fa lo ha visto protagonista nella sua bella e maestosa Roma, organizzato dalla figlia Chiara. Il modo di vivere della Roma barocca si è alleggerito di ogni sovrastruttura nelle sue architetture di una sobrietà sonora. Il bello ed il bene tornano a coniugarsi in un disegno puro, che cerca una continua perfezione, tipica di una mente che rievoca i giardini umanistici, risonanti delle passeggiate degli intellettuali di un’altra Italia che si costruiva. In fondo, il segreto del bello è la sua capacità di immaginare futuro su ogni maceria, in ogni epoca. È farci sognare che nessuna catastrofe è fine a se stessa ma è culla di uno straordinario destino ancora più misterioso dei volti botticelliani. Ambiente, intelletto e cura: in fondo con questi pochi segreti Piero Alessandrini ha costruito uno stile di armonia di spazi unico in tutto il mondo. 

Photo Credit
Anna De Masi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *